Il 14 aprile scorso Giurismatico ha partecipato all’evento, promosso dall’associazione Legal Hackers Roma, in cui al centro del dibattito c’è stato il tema degli smart contract e del loro sviluppo.
In particolare, il dialogo è partito dalle origini del contratto, così come ci sono state trasmette attraverso il diritto romano, per poi arrivare alla sua versione digitale, che si sta sempre di più imponendo come il new standard. Le sue caratteristiche sono la compilazione automatica e la redazione direttamente in codice di alcune clausole invece che in linguaggio naturale, per le quali le parti rinunciano deliberatamente alla flessibilità interpretative ex post.
I contratti redatti, in tutto o in parte, in codice binario permettono inoltre una serie di analisi, man mano che si raccolgono i dati in essi contenuti e sono caratterizzati da una maggiore efficienza, perché, come nel caso degli smart contract, si auto eseguono, aumentando così l’efficienza e potenzialmente riducendo il contenzioso.
È dunque necessario approfondire il rapporto tra il linguaggio naturale e il linguaggio informatico, per consentire al secondo di esporre correttamente i contenuti già veicolati dal primo. In questo ambito è necessario quindi proseguire con lo sviluppo di sistemi di Natural Language Processing che comprendano sempre meglio le sfumature e i contenuti legali di un discorso.
Oltre a lavorare sull’apprendimento dei sistemi di NPL – che non può essere scisso da una preparazione sempre migliore dei giuristi, che producano testi sempre più comprensibili già in linguaggio naturale, la vera sfida del futuro è la scalabilità del contratto computazionale, che passa dalla prova del mercato, dalla diffusione dell’utilizzo di questa nuova tipologia di contratti e soprattutto dal superamento della diffidenza della community legale per l’innovazione tecnologica.
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