Le nuove tecnologie e gli algoritmi affiancano ormai da tempo le decisioni umane, avanzando così velocemente da non riuscire a comprenderne del tutto sia le potenzialità che le pericolosità. L’intelligenza artificiale è presente ormai in molte aree della vita, personale e professionale, ma ci si domanda, ancora, il più delle volte, cosa sia realmente e quali siano i reali mutamenti delle geometrie di potere con cui ci si deve confrontare per mantenere una percezione del diritto effettiva ed efficace.
Per comprendere le nuove forme di tutela nell’era dei big data, in considerazione di una tutela delle libertà, bisogna prima comprendere cosa sia un algoritmo sotto un profilo tecnico, inteso quale insieme di regole da seguire nella risoluzione di calcoli, di tipo informatico. Si definisce una sequenza di passaggi, finalizzati a risolvere un problema specifico, nella pluralità dei casi istruendo un computer, al fine di garantire alla macchina, di apprendere autonomamente.
L’approccio da parte dell’Unione europea prevede la coesistenza di principi normativi e principi etici: con il pacchetto di documenti approvato il 19 febbraio 2020, la Commissione Europea ha focalizzato l’attenzione sulle tecnologie, consolidando i punti di forza, tra settori produttivi e libertà fondamentali. Nei settori della giustizia e dell’amministrazione pubblica la preoccupazione da qualche tempo a questa parte è soprattutto rivolta alla sostituzione all’interno di un processo decisionale dell’uomo con la macchina, prefigurando società governate da “algocrazie”, in cui ogni decisione o scelta è sottoposta e controllata da algoritmi, con una influenza sempre maggiore dell’identità digitale su quella reale.
Quindi, dobbiamo temere gli algoritmi? Si è discusso di questi agenti misteriosi, della loro pericolosità (si è parlato addirittura di “tirannia” degli algoritmi) da cui provengono decisioni meccaniche e al contempo strategie d’azione. Nel campo delle AI, gli algoritmi sono finalizzati ad imparare dall’esperienza per trovare soluzioni basandosi su dati deterministici.
Ma, d’altro canto, anche le norme, se funzionano, sono algoritmi: se ne discute molto perché molte regole divengono eseguibili dalle macchine, malgrado il punto-chiave non si trovi nelle macchine ma nel contenuto e nella condivisone delle regole da cui dipende il loro funzionamento.
Il “potere degli algoritmi”, concettualmente non esiste, ma è giusto interrogarsi sul fatto che ci si possa trovare o meno in presenza di un algoritmo o di un arbitrio, oppure quali siano, di fatto, le regole che dirigono l’algoritmo, e se queste, possano essere o meno regole condivisibili. In ogni caso, gli strumenti tecnologici consentono di introdurre regole di funzionamento in vari processi, governano in maniera diretta o indiretta, le attività della vita quotidiana.
Sotto il profilo nazionale, si ricorda l’importanza del Libro Bianco sulle Intelligenze Artificiali (marzo 2018) della AGID (Agenzia Per l’Italia Digitale) che profila i parametri etici e pratici per un impiego degli algoritmi conciliabile con principi già presenti nell’ordinamento italiano. Ammettendo l’effettivo vantaggio socioeconomico ormai visibile in vari settori, si sollevano in tutti i casi, alcuni dubbi nell’ambito dell’etica, circa la qualità e neutralità dei dati, nonché in merito alla tutela della privacy, ed è evidente che debba essere conseguito un equo bilanciamento tra l’interesse alla dignità, privacy e sicurezza delle persone, e gli automatismi decisionali.
Non dobbiamo quindi temere gli algoritmi, ma dobbiamo decidere attentamente cosa tramite gli stessi far apprendere ai sistemi che ormai affiancano e sostengono importanti decisioni in tutti gli ambiti sociali e professionali.
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