In questi giorni le tensioni in Est Europa stanno raggiungendo un punto critico, con i rapporti tra la Russia e l’Ucraina sul punto di interrompersi e il rischio di un conflitto armato.
Nell’auspicio che questa situazione non si verifichi e confidando che le parti in causa possano trovare un accordo diplomatico è interessante segnalare come anche le criptovalute iniziano ad avere un peso nello scenario non solo economico ma anche militare dei nostri giorni. Anche se i numeri sono ridotti rispetto alle forme tradizionali di finanziamento dei conflitti, si tratta senza dubbio di una prima volta nella storia bellica mondiale.
Da asset sostanzialmente speculativo, le criptovalute sono diventate un metodo di finanziamento agile e al tempo stesso difficile da sottoporre a controlli delle autorità monetarie internazionali per le spese militari.
Secondo analisi condotte dalla società inglese Elliptic l’Ucraina avrebbe utilizzato circa mezzo milione di dollari per finanziare le milizie antirusse senza incorrere in sanzioni per traffico di armi. Il rischio che i fondi trasferiti tramite tecnologia blockchain vengano sequestrati o congelati da autorità nazionali o internazionali si riduce enormemente grazie a regolamentazioni ancora poco stringenti. Allo stesso modo anche altri soggetti potrebbero in questo modo procedere a sostenere una delle posizioni in campo mantenendo una posizione diplomatica defilata.
Sull’altro fronte la posizione della Russia nei confronti delle criptovalute è in evoluzione. Attualmente, infatti, non sostiene esplicitamente attività di mining o transazioni mediante criptovalute, ritenendo alto il pericolo di traffici illeciti e bolle speculative, senza tuttavia spingersi ad una posizione estrema come quella della Cina che ha vietato queste attività sul suo territorio. Di conseguenza non sono state rilevate ad oggi attività di finanziamento militare che coinvolgono le criptovalute.
Tuttavia, proprio in questi giorni, lo stesso governo ha rivisto la propria posizione ufficiale, dichiarando di voler regolamentare e non proibire il mercato delle criptovalute, questa volta anche con il supporto della Banca Centrale Russa, fino ad ora sempre ferma nel sostenere il divieto di mining e trading.
L’apertura è interessante per due motivi: il primo è geopolitico, con il Kazakistan, paese in strettissimi rapporti con la Russia, che ha ospitato la maggior parte delle attività di mining costrette a lasciare la Cina; il secondo è legato allo studio della regolamentazione del mercato cripto, che potrebbe avere come esito la creazione di una criptovaluta di stato, in grado di sostituire Bitcoin Ethereum e le altre in circolazione. In questo modo la Russia, come ogni altro paese che adottasse questa forma di finanziamento, potrebbe utilizzare delle monete finanziarie per sostenere delle spese, tra cui quelle in ambito militare.
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