Dal mese di settembre sarà in vigore il DM del 7 agosto 2023 n. 110, volto ad una nuova tipologia di composizione degli atti giudiziari, i quali dovranno definirsi chiari e soprattutto sintetici: tale documento impone criteri di redazione, limiti di battute e schemi informatici per la stesura degli atti giudiziari, definendo altresì nuovi limiti e criteri redazionali, con indicazioni più precise che ruotano sempre intorno alla loro brevità e sinteticità, in funzione di un “giusto processo” costituzionalmente garantito ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.
Il decreto del 7 agosto 2023 n. 110 pone rilievo sulla loro attuale lunghezza, non soltanto sulla effettiva esposizione linguistica, rendendo innovative alcune modalità di scrittura, specialmente introducendo le c.d. “keywords”, un massimo di 20 parole chiave volte a delimitare l’oggetto e i focus centrali della causa: mancato rispetto di queste nuove disposizioni non implica alcuna nullità, ma solo una potenziale conseguenza circa la condanna alle spese e a prescindere dalla soccombenza.
Il suddetto decreto è un regolamento attuativo di una parte della riforma Cartabia (decreto legislativo 149/2022 – disp. att. art. 46 cpc), composto da dodici articoli e pubblicato in Gazzetta Ufficiale dall’11 agosto. Nello specifico, si veda che l’art. 2 detta i criteri di redazione “al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali”, pertanto gli atti civili (citazioni, ricorsi, comparse di risposta, memorie difensive) devono indicare tra gli altri, dopo l’intestazione e l’indicazione delle parti coinvolte, una serie di “parole chiave, nel numero massimo di venti”, circoscrivendo l’oggetto del giudizio e a seguire l’art. 3 fissa i “Limiti dimensionali”, ossia 80.000 caratteri attinenti all’atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, ed agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione e 50.000 caratteri, per le memorie, le repliche e tutti gli altri atti del giudizio (vi sono infine 10.000 caratteri posti in funzione delle note di udienza).
I successivi articoli dal 4 al 12 disciplinano questioni attinenti alle esclusioni dai limiti massimi dimensionali di alcuni elementi (come ad es. l’indice), le deroghe ai limiti dimensionali in caso di “questioni di particolare complessità”, la precisazione delle “tecniche redazionali” e le indicazioni stilistiche lato giudicante, stabilendo infine gli “Schemi informatici” e le disposizioni relative alla formazione.
La Riforma Cartabia, di fatto, si pone come obiettivo quello di alleggerire la macchina della giustizia, accelerandone i tempi, semplificando lo studio dei fascicoli e soprattutto incentivando la collaborazione tra le parti. La non osservanza di tali nuove regole di sinteticità e chiarezza, come anticipato, non prevede esplicite “sanzioni di inammissibilità o invalidità dell’atto”.
In sintesi, la sinteticità implica una “essenzialità riassuntiva e schematica” di un atto, filtrato da ripetizioni e inutili prolissità, ponendo rilievo sulla necessità di “mettere insieme, nel senso di trovare i punti di contatto sia con l’Ordinamento che con l’altra parte”: è la sintesi che, nella maggior parte dei casi, aiuta nel dimostrare di avere capito e quindi rende chiara l’esposizione e le istituzioni forensi hanno preso una posizione sulla brevità e sinteticità degli atti sostenendo che la brevità “non incide minimamente sulla riduzione delle tempistiche dei giudizi civili anzi, introducendo limiti alla difesa a tutto discapito dei cittadini, istituisce inaccettabili profili di responsabilità professionale”.
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