Facebook ha appena annunciato un giro di vite nella lotta alle fake news che la porterà a sanzionare direttamente gli utenti che ne diffondono troppe, non preoccupandosi però di chiarire cosa voglia dire con “troppe”.
Non c’è dubbio che quello delle fake news sia uno dei fenomeni probabilmente più pervasivi e pericolosi della nostra società, che produce conseguenze nefaste in termini democratici, sanitari – specie in tempo di Covid – sociali, culturali ed economici.
Fino ad oggi il social network dopo aver individuato un contenuto probabilmente fake, lo rimuoveva, ne diminuiva la circolazione e/o lo etichettava come di dubbia attendibilità, invitando gli utenti alla prudenza nel leggerlo e, soprattutto, nel condividerlo con altri utenti.
Un approccio opinabile, considerato che non dovrebbe essere il gestore privato di una piattaforma a decidere cosa è informazione e cosa disinformazione, ma secondo molti necessario e, anzi, obbligato in considerazione della quantità di contenuti fake in circolazione, dei tempi di reazione necessari e delle conseguenze troppo pericolose della circolazione dei contenuti in questione.
Ma a partire dal mese di giugno, Facebook ha deciso che quando identificherà un utente come protagonista di un alto numero di ricondivisioni di contenuti classificati come fake adotterà dei provvedimenti non più soltanto nei confronti dei contenuti, ma anche nei confronti dell’utente medesimo.
In particolare, sembra che l’intero profilo o l’intera pagina dell’utente in questione verranno bollate con un pop-up che suggerisce la tendenza dell’utente a condividere informazioni inattendibili e, quindi, a prestare attenzione a tutti i contenuti condivisi dall’utente in questione, venendo pertanto diminuita la possibilità di circolazione di tutti i contenuti diffusi dall’utente in questione. In pratica l’utente vedrà la sua capacità di comunicare diminuita.
È interessante notare il passaggio da un provvedimento nei confronti di uno specifico contenuto, classificato come falso, a un provvedimento nei confronti di una persona adottato da un soggetto privato, senza alcun procedimento in contraddittorio davanti a un’Autorità. Sembra, inoltre, che al momento non sia stata predisposta alcuna clausola contrattuale che perimetri la condotta illecita e la misura della sanzione alla quale la società di Zuckerberg espone l’utente.
Inoltre al momento non sono stati specificati la misura della sanzione, cosa accade se un contenuto considerato fake risulti in un secondo momento attendibile, per quanto tempo una sanzione rimarrà attiva per l’utente: una situazione che Guido Scorza, Componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali, ha indicato come “intento pure condivisibile, ma una soluzione che spalanca una porta a scenari giuridicamente e democraticamente insostenibili.”
Infatti nelle dichiarazioni della società non vengono menzionati Giudici o Autorità, rimanendo quindi la valutazione, anche se senza dubbio sostenuta da algoritmi di AI, essenzialmente un provvedimento su base quantitativa, in aggiunta adottato da un soggetto privato nei confronti di un altro. Con buona pace della terzietà e della pubblicità della giustizia, che dovrebbe essere ancor di più tale quando in gioco rientrano dei diritti riconosciuti fondamentali qual è quello della libertà di espressione.
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