L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, AGCM, ha emesso nei confronti di Facebook Ireland Ltd e della sua controllante Facebook Inc, una sanzione di 7 milioni di euro per non aver attuato quanto prescritto nel provvedimento emesso nei loro confronti nel novembre 2018.
In quella sede l’Autorità aveva accertato che Facebook induceva ingannevolmente gli utenti a registrarsi sulla sua piattaforma, non informandoli, né durante l’attivazione dell’account e né successivamente all’attivazione del profilo, dell’attività di raccolta dei dati da loro forniti per scopi di natura commerciale e, più in generale, delle finalità remunerative sottese al servizio, enfatizzandone viceversa la gratuità.
Per l’Antitrust, infatti, le informazioni fornite da Facebook risultavano generiche e incomplete e non fornivano una adeguata distinzione tra l’utilizzo dei dati necessario per la personalizzazione del servizio (con l’obiettivo di facilitare la socializzazione con altri utenti) e l’utilizzo dei dati per realizzare campagne pubblicitarie mirate.
Il procedimento del 2018 si era concluso con una sanzione di circa 5 milioni di euro, il divieto di ulteriore utilizzo della pratica ingannevole e la disposizione nei confronti delle società coinvolte di pubblicare una dichiarazione rettificativa sulla homepage del sito internet aziendale per l’Italia, sull’app Facebook e sulla pagina personale di ciascun utente italiano registrato.
A distanza di tre anni, la nuova istruttoria avviata dall’Autorità ha accertato che le due società non hanno pubblicato la dichiarazione rettificativa e non hanno cessato di attuare la pratica già accertata come scorretta: pur avendo eliminato il claim di gratuità in sede di registrazione alla piattaforma, ancora non viene fornita al potenziale utente una immediata e chiara informazione sulla raccolta e sull’utilizzo a fini commerciali dei dati degli utenti. Secondo l’Autorità, si tratta di informazioni fondamentali per il consumatore al momento della scelta di adesione al servizio, in forza del valore economico assunto per Facebook dai dati ceduti dall’utente, che costituiscono il corrispettivo stesso per l’utilizzo “gratuito” del servizio stesso.
Una pronuncia che dimostra sia l’elevato grado di attenzione delle autorità garanti, e nel caso di specie di quella italiana, sul tema della tutela dei dati dei cittadini europei, sia la necessità per le big tech di ripensare in maniera efficace e conforme alla legge, e ormai anche alla copiosa e quasi unanime giurisprudenza, le proprie policy e informative all’utenza.
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