Nei giorni scorsi, il Parlamento e il Consiglio dell’UE hanno raggiunto un accordo politico sul Digital Markets Act (DMA) e la Commissione si è affrettata ad accogliere l’accordo, affermando che la DMA “porterà condizioni più eque a consumatori e imprese per molti servizi digitali, in tutta l’UE” . Malgrado la DMA riguardi attività nell’UE, è probabile che influenzi l’approccio delle società e delle autorità di regolamentazione in altre giurisdizioni. In una conferenza stampa, la vicepresidente esecutiva della Commissione Margrethe Vestager ha sottolineato che “Questo è un movimento globale, è davvero positivo. Speriamo che la nostra visione dei [mercati digitali] sia d’ispirazione per tutto il pianeta“. Nello specifico, Andreas Schwab, relatore del Parlamento europeo sul fascicolo DMA, ha commentato che “l’accordo inaugura una nuova era della regolamentazione tecnologica a livello mondiale“.
Tendenzialmente, l’ambito dei “servizi di piattaforma principali”, una parte della definizione di gatekeeper, ora include browser Web e assistenti virtuali, ma non TV virtuali e la struttura finale sembra comprendere servizi di intermediazione online, social network, motori di ricerca, sistemi operativi, servizi di pubblicità online, cloud computing, servizi di condivisione video, browser web e assistenti virtuali.
Il Digital Markets Act introduce le “cose da fare e da non fare per i servizi di piattaforma core”, inclusi i social network e i motori di ricerca, definiti gatekeeper (aziende con un valore di mercato di oltre 75 miliardi di euro o un fatturato annuo di 7,5 miliardi). Secondo la normativa, i dati personali per la pubblicità mirata saranno consentiti solo con il consenso esplicito dei gatekeeper: essi stessi saranno tenuti a consentire agli utenti di scegliere tra browser, assistenti virtuali o motori di ricerca.
Le nuove regole per le cosiddette piattaforme gatekeeper, derivate da anni di applicazione dell’antitrust nell’economia digitale, includono restrizioni sulla combinazione di dati personali da diverse fonti, mandati per consentire agli utenti di installare app da piattaforme di terze parti: il Parlamento è inoltre riuscito a convincere il Consiglio dei requisiti di interoperabilità per i servizi di messaggistica, il che significa che gruppi come WhatsApp, Facebook Messenger o iMessage dovranno aprirsi e interagire con piattaforme di messaggistica più piccole e le sanzioni per la violazione delle regole potranno arrivare fino al 10% del fatturato mondiale annuo in caso di prime infrazioni (e persino fino al 20% in caso di infrazioni ripetute).
Nel frattempo, Anu Bradford, professore di diritto e organizzazione internazionale della Columbia Law School, Henry L. Moses, ha dichiarato al New York Times che il DMA sta guadagnando interesse a livello globale, sostenendo che “tutti stanno guardando il DMA, che si tratti delle principali società tecnologiche, dei loro rivali o dei governi stranieri: è possibile che anche il Congresso degli Stati Uniti ora concluderà di aver smesso di guardare da bordo campo quando l’UE regolerà le società tecnologiche statunitensi e passerà dal parlare di riforma legislativa a legiferare effettivamente”.
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