In tempi recenti si sono susseguiti svariati spunti di riflessione relativamente sul principio di sinteticità degli atti processuali, con particolare attenzione rivolta alla chiarezza stessa di questi ultimi, pertanto, è stata evidenziata una certa ambiguità della legge delega di riforma della legge Cartabia. Ad oggi, si parla inoltre di atti processuali prodotti con keywords, una lunghezza massima di 50.000 battute (corrispondenti a circa 25 pagine), con interlinea 2,5 – e spazi esclusi. Il Ministro della Giustizia, ai sensi dell’art. 46 delle disp. att. c.p.c., come modificato dall’art. 4, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 149/2022, ha trasmesso al CNF lo schema del decreto recante “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell’articolo 46 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie”.
Il suddetto schema implica in primo luogo l’esposizione chiara e sintetica di tutti gli argomenti contenuti negli atti processuali, precisando che la chiarezza è declinata nella sola articolazione “obbligatoria” che dovranno avere gli atti di parte e del pm. Inoltre la sinteticità è ridotta all’osservanza obbligatoria (salvo alcune deroghe) di limiti di caratteri ed infine, per quel che riguarda gli schemi informatici – ai sensi del regolamento n. 44/2011 – si potranno considerare quelli tradizionali. Nello specifico, gli atti di citazione, i ricorsi, le comparse di risposta e le memorie difensive avranno una precisa struttura che partirà dalla loro intestazione, giungendo infine alle informazioni attinenti il valore della controversia, considerando inoltre la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio. Si parla altresì di prescrizione relative alle “parole chiave”, le quali vanno indicate senza superare la decina di keywords, al fine di poter definire l’oggetto del giudizio.
In maniera distinta andrà presentata l’esposizione dei fatti, dei motivi in diritto ed i mezzi di prova saranno elencati presentando un indice consultabile, inserendo eventualmente dei link ipertestuali. Vengono dunque precisati i limiti dimensionali precisi: come anticipato, si passa dalle 50mila battute (25 pagine) a 4mila (2 pagine) a seconda del tipo di atto e vengono infine ammesse deroghe ai limiti dimensionali in caso di questioni di particolare complessità, considerando la tipologia, il numero delle parti e gli interessi coinvolti. Qualora venga superato il limite prescritto, non consegue alcuna sanzione processuale, malgrado recentemente la Corte Cassazione abbia dichiarato inammissibile un ricorso proprio a causa del linguaggio confuso e disordinato, enunciando, nella sentenza n.7600/2023 che “i motivi sono formulati in maniera farraginosa, disordinata, confusa, con una prosa involuta, difficilmente comprensibile, appesantita da continue e ridondanti ripetizioni”.
In sintesi, tale approccio burocratico non propende verso l’acquisizione di “buone pratiche” di un adeguato linguaggio giuridico. Si tratta di un piano che predilige le capacità di concisione concettuale, di scelta puntuale delle argomentazioni pertinenti e solo quelle, di costruzione logica del pensiero, e della relativa esposizione sintattica, rammentando in ogni caso le regole della efficacia della comunicazione. Bisogna comprendere a cosa porterà tutto questo: alcuni esperti sostengono che la sintetica redazione degli atti si sposa bene con la vita che attualmente viene condotta da quasi tutte le categorie di individui, dove tutto ormai da tempo risulta, nel quotidiano, e non, immediato, veloce e liquido.
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.