La necessità, tutta europea, che la rivoluzione introdotta dall’AI (acronimo inglese per Artificial Intelligence) sia eticamente e normativamente delimitata, trova il suo perfetto corollario nell’emanazione, lo scorso dicembre, della prima “Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi”.

Se è vero, difatti, che va incoraggiato l’utilizzo di questi nuovi strumenti per migliorare l’efficienza e la qualità della giustizia, è altrettanto vero che tale applicazione deve avvenire non perdendo di vista alcuni tra i più rilevanti principi.

Cinque, a dire della Commissione europea per l’efficienza della Giustizia, sono quelli che dovrebbero guidare l’applicazione dell’AI nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi.

 I. Principio del rispetto dei diritti fondamentali

“Il trattamento di decisioni e dati giudiziari deve avere finalità chiare, che rispettino (…) i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo (CEDU) e dalla Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale”.

Ciò che emerge da tale prima enucleazione è che i cardini e le diverse applicazioni che può trovare l’AI non possono prescindere dall’incontestabile rispetto dei diritti fondamentali. Così come avviene a livello di fonti nazionali, allo stesso mondo anche le fonti comunitarie ribadiscono la necessità che tutto ciò che attiene alla trattazione e all’applicazione diretta e concreta dell’AI debba avvenire nell’assoluto rispetto dei principi di cui sopra. Per fare degli esempi non devono pertanto essere minate le garanzie del diritto di accesso a un giudice, il diritto ad un equo processo, l’indipendenza dei giudizi.

Nihil sub sole novum verrebbe da dire, se non fosse che siamo di fronte ad una realtà- quella dell’AI- sorprendentemente nuova ed innovativa che potrebbe mettere in crisi principi che sono stati elaborati e si sono evoluti sulla base di altre dinamiche e realtà. Ma forse è proprio questo il guanto di sfida che viene gettato al Diritto del XXI secolo, ovvero, quello di rinnovarsi, adattarsi a questa nuova realtà, rendersi capace di affrontare questa nuova sfida, pur mantenendo solidi i suoi principi basilari.

Sarà il Diritto in grado di raccogliere tale guanto?

II. Principio di non discriminazione

Data l’alta concentrazione e la classificazione di un gran numero di dati relativi alla collettività, coloro che fanno uso dell’AI devono assicurare che tale operatività non determini o non aggravi forme di discriminazione a carico di tali soggetti.

Anche nell’enucleazione di tale secondo principio non si può far a meno di notare che il dictat richiama in modo indiscutibile quanto statuito dall’Art. 3 della nostra Carta costituzionale, ovvero il principio di eguaglianza di fronte alla legge.

Ed invero, nella fattispecie dell’applicazione dell’AI è doverosa una vigilanza sul rispetto di tale principio non solo nella fase dell’elaborazione ma anche in quella dell’applicazione concreta.

Trattandosi dei c.d. “dati sensibili” è facile venire a conoscenza di informazioni riservate relative all’origine etnica o razziale, le condizioni socio-economiche, le opinioni politiche, la fede religiosa, l’orientamento sessuale e così via.

E’ evidente quindi che laddove l’AI dovesse interferire con il pieno rispetto di quanto sopra detto, dovranno essere previsti degli strumenti correttivi in grado di eliminare o quanto meno neutralizzare qualsiasi operatività considerata “pericolosa” o “dannosa”.

III.    Principio di qualità e sicurezza

Tale principio implica, in modo diretto e univoco, che in ordine al trattamento di decisioni e dati giudiziari sia fondamentale tanto l’utilizzo di fonti certificate quanto quello di dati intangibili. Se ne deduce pertanto che è necessario far ricorso alle competenze professionalmente accurate di professionisti del settore (figure professionali, ricercatori, dottorandi etc.).

Il ricorso a tali figure nonché a strumenti di elevata competenza fanno sì che possano essere garantiti tanto il principio di qualità tanto quello di sicurezza. Sicurezza che implica, altresì, che lo sviluppo di sistemi e l’elaborazione di algoritmi informatici debba avvenire in ambienti c.d. “blindati informatica mente”.

IV. Principio di trasparenza, imparzialità ed equità

Delicatissimo è l’equilibro che, in tale settore, deve essere raggiunto tra la proprietà intellettuale di alcune metodologie di trattamento e l’esigenza di trasparenza, imparzialità ed equità. Così come accennato per alcuni dei principi di cui sopra, anche in questo caso trattasi di un equilibrio che deve essere ricercato e garantito tanto nella fase di creazione, quanto nella fase applicativa.

Ed invero una delle possibili applicazioni pratiche dei sopra enucleati principi è senza dubbio la c.d. “trasparenza tecnica” ovvero l’open source del codice e della documentazione; sarebbe comunque auspicabile garantire una comunicazione più chiara relativamente a quanto sviluppato.

E’ lapalissiano quindi il delicato bilanciamento di interessi che deve effettuarsi affinché tale due interessi siano equamente bilanciati

V. Principio del “controllo da parte dell’utilizzatore”

L’intero set di strumenti messi a disposizione dall’AI devono rafforzare e non limitare l’autonomia degli attori, pubblici o privati, che ne fanno ricorso.

Difatti se è vero che l’AI ha notevoli potenzialità, è altrettanto vero che questa non può surclassare del tutto quella che è l’attività del singolo. Quest’ultimo, difatti, non può essere direttamente e incontrovertibilmente ancorato a quanto statuito dall’AI.

Ed è proprio questo il delicato tema che verrà approfondito nel prossimo articolo dove ci chiederemo: ci sono degli effettivi pericoli- per i singoli e per la collettività- che possono derivare dall’applicazione dell’AI? E se sì, quali sono e in quali contesti potrebbero presentarsi?

 

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