Tra il 7 e l’8 giugno scorsi un incidente colossale ha coinvolto pagine internet e piattaforme social di soggetti come Amazon, Reddit, Twitch, Cnn, Guardian, The New York Times e molte altre testate di informazione e social network. Tra i soggetti colpiti anche il sito web del governo britannico.
L’accesso alle pagine online dei rispettivi indirizzi web è stato impossibile per diverse ore, e solo dopo diversi tentativi sono state sbloccate alcune funzioni principali. Se in un primo momento si era temuto un attacco informatico su scala globale, successivamente l’incidente sembra essere stato ricondotto a un crash del provider Fastly, che sorregge gran parte dei siti colpiti.
Tra i servizi forniti dal provider rientra quello noto come CDN (Content Delivery Network) che permette di ridistribuire localmente i contenuti di un sito conservandone una memoria cache, utile soprattutto in caso di down o di problemi legati al server garantendo dunque la navigazione lato utente. Ad esempio, i contenuti multimediali vengono spesso memorizzati nella cache su un server CDN vicino all’utente per non dover essere recuperato sul server originale ogni volta che viene caricata una pagina web.
La problematica ha richiamato il problema di canalizzazione – o almeno così è stato definito – che ha riguardato in aprile anche il sito dell’INPS, in concomitanza con le misure in quel momento emanate per fronteggiare la pandemia.
In generale, oggi si pensa ai provider solamente come a quei soggetti che sono interessati a usare i nostri dati per commercializzarli, e magari spesso si usano delle VPN per proteggere le proprie navigazioni on line, tuttavia è opportuno ricordare che gli ISP supportano l’accesso a tutti i siti del web, pertanto un disservizio che li colpisce impatta su tutti i soggetti che utilizzano la rete.
In una società connessa, inoltre, un attacco a un provider o ad un fornitore di servizi, se non opportunamente rilevato, puo’ essere ancor più pericoloso di uno portato direttamente ad un certo soggetto economico o amministrativo, come ha ad esempio dimostrato il recentissimo caso SolarWinds. Senza contare che, trattandosi di un disservizio, nei prossimi giorni tutti i soggetti che si avvalgono dei servizi del provider, potrebbero chiedere a Fastly rimborsi o crediti equivalenti al tempo in cui un sito web non è stato disponibile per gli utenti.
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