Nel mese di Ottobre del 2020, il Dipartimento di Giustizia ha accusato Google di proteggere illegalmente il suo monopolio sulla ricerca e sulla pubblicità associata alla ricerca: si tratta della sfida più significativa del governo al potere di mercato di un’azienda tecnologica in una generazione e gli esiti potrebbero cambiare il modo in cui gli utenti utilizzano Internet.
Il Governo U.S.A. ha ufficialmente promosso un’azione antitrust contro Google, accusata di abuso di posizione dominante, sicuramente la più ampia azine di questo tipo degli ultimi decenni, a cui hanno aderito anche 11 Stati americani.
La contestazione mossa al colosso di Mountain View è quella di una posizione di monopolio nel settore delle ricerche online, che si pone come ostacolo allo sviluppo della concorrenza in un’area di “competenza” importantissima per il progresso tecnologico.
Secondo il Dipartimento di Giustizia, la compagnia avrebbe così posto in essere delle pratiche anticompetitive per difendere la propria posizione sul mercato: nello specifico avrebbe stretto accordi di esclusività che bloccavano la pre-installazione di servizi di ricerca alternativi e intese che, all’opposto, costringevano all’installazione dei suoi servizi, specialmente nei dispositivi mobili, impedendone la rimozione anche a dispetto delle scelte dei consumatori. Le accuse chiamano in causa anche gli accordi di lungo termine con Apple che richiedono di default l’impiego di Google nel browser Safari e in altri strumenti di ricerca, così come accordi conclusi da Google stessa per ottenere trattamenti privilegiati su motori di ricerca dei dispositivi e dei browser terzi.
Le fondamenta dell’azione della giustizia USA si rinvengono nel tentativo di protezione degli interessi di tutti i potenziali utenti e partner pubblicitari dei motori di ricerca online, nei confronti dei quali Google manifesta un potere talmente vasto da limitare la possibilità che possa emergere un concorrente in grado di contenderle il ruolo di leader del settore.
La società avrebbe dunque danneggiato i consumatori soffocando l’innovazione, riducendo la scelta e diminuendo la qualità dei servizi di ricerca, compresa la privacy dei dati dei consumatori.
La casa di Mountain View soddisfa attualmente circa l’80 percento delle ricerche online effettuate negli Stati Uniti – pari a 34,3 miliardi di dollari di entrate per il solo 2019 secondo le analisi della società eMarketer –, attraverso gli smartphone Android, il browser Chrome, l’Assistente Google e numerosi altri prodotti e servizi, come ad esempio il browser utilizzato di default dai prodotti Apple.
La causa potrebbe innescare una cascata di altre cause legali antitrust da parte dei procuratori generali dei singoli stati membri: quasi tutte le giurisdizioni statali hanno condotto indagini parallele e alcune potrebbero presentare reclami separati contro la stretta di Google sulla tecnologia per la pubblicità online.
Se il Dipartimento di Giustizia riuscisse a dimostrare che la posizione di Google è realmente dominante e che i suoi accordi con Apple e altre società realmente ostacolano la concorrenza nel mercato della ricerca potremmo arrivare ad una storica sentenza che potrebbe costringere l’azienda a scorporare il suo nome dal motore di ricerca che l’ha resa famosa.
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